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Il mio viaggio in Canada da sola

In viaggio da sola a Vancouver: l’arrivo alle 5 del mattino

La scena del mio arrivo da sola a Vancouver non la dimenticherò mai.

C’era innanzitutto un fattore tra tutti per il quale era molto difficile che io potessi apprezzare Vancouver: il giorno prima ero alle Hawaii, a 30 gradi, stesa sulla spiaggia a godermi il mare.

vancouver

E il giorno dopo mi ritrovo alle 5 del mattino in una città grigia, ventilata e freschina, che sarebbe stata l’ultima tappa del mio viaggio da sola, alla fine del quale sarei dovuta tornare a lavorare.

Basti questo per comprendere il mio stato d’animo nel momento in cui atterrai a Vancouver da Honolulu, dopo un viaggio di 10 ore.

Il check in è solo dopo le 14…

La cosa bella è che direttamente dall’aeroporto c’è un super sistema di metro e trasporti, per il quale riesco ad arrivare facilmente al mio ostello. Pur sempre distrutta, ma almeno facilmente.

Il bello però doveva ancora arrivare.

Con gli occhi che mi bruciavano dal sonno e dall’aria condizionata delle 10 ore di volo, col solo desiderio di mettermi a letto, arrivo in reception.

Doccia fredda: fino alle 14 non si può fare il check in. Io e il mio enorme valigione rosa siamo sbigottiti.

E ora? Cosa faccio in giro da sola per la città deserta e con un sonno da impazzire alle 6 del mattino?

Al receptionist non interessa nulla di ciò che farò, l’importante è che lui la stanza non me la darà fino alle 14. Gli lascio allora almeno la valigia e vado.

A caso, come sempre.

In giro per una Vancouver deserta

Non esagero se dico che le strade di Vancouver alle 6 del mattino del 22 giugno 2013 erano pressoché deserte.

E fin qua poteva anche andare bene.

Nessun problema, mi fermo in un bar e prendo un caffè. Nada, nisba, tutto chiuso. Decido allora di vagare per la città. D’altronde che scelta avevo?

Dopo vari minuti di cammino random, che per la stanchezza non sono neanche riuscita ad apprezzare, arrivo in quello che forse era un quartiere malfamato.

O forse era solo troppo presto perché la vita civile iniziasse.

Là all’improvviso vedo della gente. Quasi felice, aumento il passo. Salvo poi rendermi conto che non era gente normale. O meglio, normale o meno dipende tutto dalla nostra testa.

Una specie di triste e inquietante esercito di morti viventi che si trascinava barcollando per le strade: ubriaconi, tossicodipendenti, homeless che dormivano a terra e altri che personaggi malconci che trascinavano stanchi i loro carrelli pieni di borse di plastica e cianfrusaglie.

Ce n’erano davvero tanti, non potevo crederci.

Ci sono passata in mezzo tentando di confondermi, sperando di risultare ai loro occhi trasparente.

Non mi hanno considerata più di tanto.

Ricordo di essere rimasta colpita dal fatto che a quell’ora mentre la città dorme, loro vivono.

Si risvegliano dal torpore o da chissà quale altra attività stessero compiendo, si riuniscono forse, e vanno. Ma dove andranno?

Starbucks santo subito

Starbucks Vancouver

Il tempo di chiedermelo e finalmente trovo il mio angelo custode: Starbucks.

Mi siedo, ordino il solito White Chocolate Moka con un tramezzino all’uovo, che adoro, e dormicchio sulla comodissima poltrona rossa, per qualche ora, tramortita dalla stanchezza.

Si saranno ormai fatte le 10, siamo nel pieno della mattina.

Non mi sento ancora riposata ma sono stufa di stare seduta.

Riparto, anche qui non saprei dire dove mi trovassi, ma inizio a camminare in una zona molto verde, probabilmente residenziale.

La sosta al beauty salon cinese

Non so cosa fare, quando all’improvviso mi si accende una lampadina: un centro estetico.

Quale migliore posto dove stare distesa su un lettino senza dover fare nulla? Non ho mai fatto un massaggio né una ceretta dall’estetista.

L’unica cosa che faccio, è l’applicazione delle extension per le ciglia.

Entro in questo beauty salon cinese, dai prezzi davvero convenienti, mi stendo e cado in catalessi mentre una pingue asiatica mi applica decine di peletti alle ciglia.

Dormita da incubo in ostello

In qualche modo, dopo altre camminate, si fanno le 14.

Arrivo in ostello, prendo le chiavi della mia stanza mista a 8 posti e mi stendo sul piano alto di un letto a castello. Ci rimarrò fino al mattino dopo.

Gastown Hostel Vancouver

Ma le difficoltà non erano affatto finite.

Avevo scelto come sempre un ostello molto frequentato, al piano di sopra di un pub dove tutte le sere c’erano feste e serate.

E la scelta sarebbe stata ottimale per un viaggio da sola, se non fosse per la mia estrema stanchezza di quel giorno. “Stasera no, ti prego, ho bisogno di dormire”- pensavo.

Cosa però puoi aspettarti da una stanza da 8 in un ostello di Vancouver?

Ricordo che tutto il giorno, e la notte, fu un viavai di ragazzi urlanti ubriachi (io ero l’unica donna), che sbattevano la porta e parlavano tra di loro in tutte le lingue del mondo.

O forse io ero in preda ormai a delle allucinazioni uditive date dalla stanchezza. Inoltre la musica del pub mi rimbombava direttamente nelle orecchie a tutto volume. Insomma, fu una notte molto agitata.

Ma il giorno dopo invece ho scoperto Vancouver come una delle città più belle che abbia mai visto. Questo però ve lo racconterò nel prossimo post 🙂